venerdì 15 maggio 2015

IL NIENTE

I miei pensieri spesso sono fragili, come raggomitolati in una zattera di coccio; li vedo addensarsi sul vetro della finestra, e rimanere lì, contemplativi, a fissare colui che ha potuto partorire tutto questo niente. Mi avvicino. Sembra tutto troppo lontano, e ancora oltre, dove il mio volto si riflette stupito, sbatacchia un fumo denso e nero, proprio dei copertoni dati alle fiamme. Provo a dire qualcosa, provo a gettare un'amo in gola, ma non pesco niente. Il niente mi riempe fino all'orlo...sàtura ogni poro della  pelle...annega i pensieri, castra i tentativi...l'azione. Questo niente è arrivato inaspettato, come una malattia, e si è installato prepotentemente nella mia vita.
Un altro pensiero si forma, così gracile da poter essere condotto sul Taigedo...
Sono una patatina, gialla e molle come una lumaca, e friggo in una vasca gratinata di olio bollente. Nella bruciante agonia che provo dentro la gabbia, dove mi hanno messo, posso percepire delle presenze, altri tuberi, che come me partecipano all'agonia e condividono il medesimo destino:
ci sono patatine che a volte si strusciano su di me, altre che mi sbattono contro con violenza, ma tutte quante, proprio come me, sono costrette a vorticare follemente nel denso flusso che ci tiene a galla. Cen'è di tutti i tipi e tutte le misure:
lunghe, corte, esili, panciute, dure, molli, tutte insieme a cozzare le une sulle altre, a sussultare nell'olio spietato, odioso come una risata fasulla. Dividiamo gli stessi spazi nella stessa gabbia, gli stessi tormenti, ma a volte arriva qualcuno, qualcuno che non è come noi, che non brucia in un perenne tormento oleoso, qualcuno con il potere di cambiare drasticamente la realtà. E' un'entita superiore, sbiadita, lontana, che irrompe con mezzi superiori quando meno tel'aspetti. Scelgono alcune patatine, le promuovono portandole via, ma solo quelle che hanno raggiunto un buon grado di cottura. L'essere superiore non riesce -o non vuole- pescare quelle in fondo, incastrate tra le sbarre della griglia, che si consumano  fino a sembrare piccole schegge di carbone.
Poi si spengono le luci, tutto diventa buio e i miei resti, raccolti e messi nel sacchetto del sudicio, attendono solo il camion della nettezza che li porti via.

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