domenica 15 novembre 2015

PAOLA, L'OPERAZIONE E I VECCHI VOL.3

Gli anziani, quelli che mi ritrovo sempre come compagni di stanza, sono peggio dei bambini...non fanno che chiamare le infermiere per ogni stupida banalità...sembra che provino un'immensa soddisfazione a ripetere a tutte le stesse cose:
da quanto tempo è a digiuno (di solito sono poche ore), cosa gli fa male, quanto gli fa male, la flebo che non "tira" più (così pare a loro), e poi devono parlare...è un bisogno a cui non possono assolutamente rinunciare...parlare, per loro, equivale a consumare una "dose"...sembrano dei tossici in procinto di collassare, quando non riescono ad aprire bocca; sono convinti, poi, che quello che hanno da dire sia sempre molto interessante (qualche volta anche si, ma molto raramente).
Ho appena sentito dire al consueto camerata -questi vecchietti si somigliano tutti- di quanto, rivolto ad una infermiera sull'orlo di una crisi isterica, gli pizzica un taglietto sulla mano che si è procurato tipo 30 anni fa...informazione che ha accompagnato, ovviamente, un lungo e dettagliato resoconto su "come" si è procurato il suddetto taglietto pruriginoso...e del bisogno che ha di non provare più quell'inutile fastidio, possibilmente tramite l'ultilizzo di un qualche farmaco miracoloso...
Stamani gli hanno prelevato un po' di sangue...si disperava e soffriva, gemendo, e urlava come una bestia mandata al macello...
Io provo a forzare i tempi di recupero...soffro molto, il petto mi scoppia e sembra di avere la schiena scarnificata...non posso muovermi, devo stare fermo nella solita posizione, senza potermi girare, pena la non perfetta ricalcificazione delle costole, fatto che mi obbligherebbe a tornare sotto i ferri.
Paola è al mio capezzale ogni santissimo giorno. Fuori il caldo è soffocante...arriva con queste minigonne...ha delle gambe magnifiche...la morfina non riesce a stonarmi abbastanza...la voglio.
Mi sento come un cavallo che si affaccia per la prima volta sul ciglio sconfinato di una prateria...sa per istinto quel che deve fare...sente il cuore battere come mai prima...ha il forte impulso di cominciare a correre, di far guizzare i muscoli in un poderoso galoppo, sentire il fruscio dell'erba...sferzarla...erba fresca, erba buona, pulita...non quel fieno secco e polveroso che ha masticato stancamente nel buio di una stalla.

Medici, psichiatri, luminari della scienza...mai, e sottolineo MAI fidarsi troppo...prendi il dr. Mulli, illustre cardiologo  propostomi dall'altrettanto illustre dr.ssa Bozzi.
Ad Aprile 2015 mi feci visitare -come facevo periodicamente, a dispetto di tutti quelli che mi accusano di non stare attento alla mia salute- dal suddetto, illustrissimo dr. Mulli, il quale, come già avevo avuto modo di constatare, mi fece sì una visita veloce e cortese, affermando che a suo parere le cose andavano più che bene, che nessun nuovo strato vegetativo da steptococco stava attaccando la già provata valvola aortica, e che non c'erano particolari motivi di preoccupazione, ma senza andare mai a fondo...le sue visite mi son sembrate sempre molto "sbrigative"...mi sentivo come un tizio problematico, che porta fastidio...uno che interrompe la normale "routine" quotidiana, da sbolognare nel minor tempo possibile, di modo da poter tornare ai consueti, tranquilli e rassicuranti vecchietti.
Poi, incredibile, neanche un mese dopo questa mia valvola ingrata decideva di voler essere così mal messa da sentire il bisogno di essere operata subito...mi avvertiva, lamentandosi, come ha sempre fatto in questi casi:
febbre...la febbre è il campanello d'allarme che il mio corpo suona quando vuole avvertirmi che il cuore ha un problema...ed ecco che tutto sembra andare più veloce...l'aria, il cielo, la vita intorno a me sembra dare un colpo d'accelleratore...importanti decisioni devono essere prese al più presto, decisioni a dir poco vitali.
Spiegazioni astruse entrano ed escono dalla testa frastornata dagli antibiotici, febbricitante...schiacciata all'indietro dall'improvviso colpo di gas che il mondo ha appena dato alla mia vita.
Mi rifilano fogli da firmare al più presto, prima che sia troppo tardi, dicono.
Io, con la paura che già attanaglia le chiappe, mi ritrovo in fin di vita, e i medici, che le chiappe le hanno sempre ben coperte, si ritrovano con i loro stramaledetti fogli già firmati in mano...dove tra le decine di informazioni incomprensibili, quella che li libera da qualsiasi responsabilità è quella che rimane più impressa...quella che proprio non ne vuole sapere di abbandonare i pensieri.

Vedi quella valigia aperta? Non vedi quanto è affamata?

Come ci si dimentica presto delle privazioni, delle sofferenze e delle afflizioni del passato. Quel che rimane è solo un pugno di organi impregnati dei deliziosi aromi dei piaceri che la vita sa procurare...qualsiasi flusso abbia saputo far battere il cuore.

Un raggio di luce, stamani, ha raggiunto l'occhio destro...è filtrato tra le barrette orizzontali semiaperte della saracinesca che, come un drappo metallico, orna la finestra di questa stanza d'ospedale. Un sole forte, estivo, pregno di indefinibile calore. Ho chiuso l'occhio, il sole ha vinto...mi costringe a spostarmi, e anche se il mio sguardo truce, momentaneamente flebile, si dimena tra i sudari di un'incoscienza portata dalla morfina, è pronto a sfidarlo ancora...
La mattina dopo, il solito fastidioso raggio di sole...solo che oggi questo stiletto di calda noia decide di non infilzarmi l'occhio...si ferma, titubante, prima di recarmi nuovamente fastidio...ha rinunciato, si, è indietreggiato, praticamente in rotta...si è fermato un passo prima...l'ho battuto...grossa grassa sfera di fuoco, che ti serva da lezione...non osare più di sfidarmi...
L'assù in alto il cielo starà strizzando l'occhio al sole vorticoso, ironico...perfino gli ultimi dei pulviscoli galleggianti sono più consci di me delle leggi della natura...dormi anima mia, non ci pensare...Paolina sta arrivando, è già per strada...non puoi vincere, non puoi vincere sempre...

Mi occorre una benda stretta attorno al cuore...ho bisogno di tamponare e asciugare questo flusso continuo di velenoso rancore che genero nei sentimenti altrui.

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