sabato 17 gennaio 2015

1982

Sapevi di calcinacci
di cantieri fangosi, sudore rappresso.
Le tue mani, grucce per sigarette,
buone a menare, regger bicchieri
carte da gioco e poco altro
incappucciate di calce, incrostate di calli
così ti ricordo
col buio tra i capelli
in un perenne crepuscolo sbiadito
e si aspettava il tuo ritorno, quando rincasavi
quando il peso dei tuoi passi scuoteva la sera
e il cipiglio del tuo sguardo calava su di noi
spietato come il silenzio con cui ci avvolgevi,
la fine del giorno in un solco d'occhiaie bluastre.
Ma c'èra poco da mirare in quella spelonga
tra quei muri marci, cadenti, odorosi di muffa
dove dormivamo, a terra
simili a bozzoli su coperte lanose, fatte a mano
drappi all'uncinetto,
e si stava vigili, il sonno una chimera...
sulla pelle la tramontana
seminava brividi, portava suoni
sospiri di sesso
e fissavamo le imposte rotte, ridotte a brandelli,
poligoni di stelle fumanti, pistole della notte.
Poi il trillo della sveglia, il fumo della prima sigaretta...
merletti di fumo nell'aria decoravano la stanza
facendosi vorticosi quando catturati
dalla luce affettata, sagomata delle persiane deformi...
il borbottio della caffettiera, il suo aroma misterioso,
lo sfarfallio dell'ultimo sogno
e la segreta speranza di un ovetto kinder, che a volte portavi, la sera:
scrigno di plastica, promessa di giochi
che diverranno nostalgia
fra un bel po' d'anni
ma sarà già troppo tardi.

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