giovedì 23 ottobre 2014

UN GIORNO

MATTINO
Un sole timido s'affaccia dai monti
timido bimbo che spia dalla culla;
la palpebra è socchisa
incerti gli intenti.
Poi cresce
si erge
nella piena statura.
Si scrolla i raggi di dosso,
li espelle con furia 
come fa il leone col sangue
dopo il pasto sugoso
e si distende maturo
nella bruciata savana del cielo,
chiazzate di sangue lo imbrattano
ne rimane traccia d'appertutto
denso come acini d'uva
spolpati da un'aria alcolica,
collerica come il becco di un piccione
che si espone con instancabile voracità
e molesta tutto con cura maniacale.

POMERIGGIO
Galoppa focoso
saggia la pazienza
percuote le nuvole
le disperde come bestiame
e getta lazzi
al collo degli scrittori,
è il re del giorno
un otre bucato
che spande gocce
di sogni alcolici.
Siamo chini sul patibolo
di un taccuino soffocante
nell'impettita attesa della notte
corroborante come una donna
che bussa all'uscio di casa,
ma del giorno
siamo il primo errore.

SERA
La luna spia dal buco della serratura
del cielo.
Poi arriva
come un fiume,
si perde
nel frastagliato delta della vita
spezzato in tanti
piccoli mansueti canali
come vasi sanguigni
che pompano soffrendo.
E' la notte sprezzante
è il suo momento:
lasciate che passi
lasciate che vada
lasciate che si dipani
come il fruscio di un vecchio vinile
di melodie spugnose
che asciugano tutto,
incastonate nel ruvido intervallo
che esiste
tra l'alba e il tramonto.
La notte rende tutti sovrani.

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