Per chi avesse seguito il mio precedente blog,in cui raccontavo del mio arrivo all'aereoporto di los angeles,scrivo questo altro episodio giusto per raccontare che tipo di giornate ho vissuto lì. E' solo un momento ,uno dei tanti, uno di quei momenti dove il destino ha voluto che vi partecipassi da attore principale,e dove tutto sembra essere distorto,come in un sogno al rallentatore,e una patina opaca e fluorescente avvolge ogni tuo attimo.Ricordo che quel giorno il tempo sembrava irrimediabilmente incatenato al sole,le ore passavano lente e ottuse, e tutto quel che c'èra era questo sole osceno e malato,che mi teneva irrimediabilmente inchiodato sull'infinito orizzonte della California.
Mi trovavo a S. Francisco.In quel periodo ero alloggiato in un ostello molto economico,uno dei tanti che infestano la città,uno dei tanti che ingioiellano le notti di Frisco.
Ero decisamente a corto di quattrini,sbarcavo il lunario con qualche lavoretto occasionale,tipo lavare piatti nel retro di qualche vicolo infestato dai topi o,quando andava bene,svolgere qualche lavoretto per l'ostello stesso.Insomma,cercavo di tirare avanti.
Una sera presi il bus e mi avviai tutto contento verso il quartiere di High Asbury.(scusate l'eventuale errore,ma non ricordo bene come si scrive),in cerca di una serata eccitante.Bene.
Camminavo, estasiato e rapito dai miei pensieri,lungo il viale principale del quartiere,godendomi nel frattempo tutto lo spettacolo che quella strada sapeva offrire e, vista anche l'ora tarda ,che si stava anche riempendo di tipi decisamente stravaganti.Ora,per chi non lo sapesse,High Asbury è stato ,durante l'estate dell'amore del '68,il cuore di tutto il movimento hippie,e ancora oggi,seppur tra insulsi negozietti di cianfrusaglie,si riesce a cogliere gli echi di quei giorni passati.Bene.
Camminavo con una birra in mano, avvolta in un sacchetto di carta marrone(e non perchè mi atteggiavo da barbone,lì è proprio vietato bere alcolici per strada),quando incocciai in una ragazza che stava accovacciata nell'androne di un bar chiuso,intenta a suonare una chitarra scalcagnata,nell'attesa che qualche passante di buon cuore buttasse qualche moneta nella ciotola sistemata di fronte a lei.Mi fermai a guardarla.
Era carina,una di quelle bellezze che non hanno bisogno di trucco per apparire belle.Non so quanto rimasi lì a fissarla,probabilmente troppo,visto che a un certo punto mi guardò assente, e con un cenno del capo verso la ciotola disse:
"qualche moneta?"
Io infilai la mano in tasca,frugai un po,e la ritirai fuori ricolma di una non meglio definita quantità di monete.
Le tenni un momento sparse sul palmo della mano,feci un rapido calcolo mentale,e prendendone una,un quarto di dollaro,risposi:
"queste sono per il bus",e rovesciai tutto il resto nel piattino,resto che ad una più attenta analisi,risultarono essere almeno 4-5 dollari..
Lei allora mi guardò meglio,sorrise,e disse di lasciargli pure quel quarto di dollaro,che a riportarmi all'ostello ci avrebbe pensato lei,accompagnandomi con la sua macchina.Neanche aveva finito la frase,che già la moneta tintinnava gioiosa assieme ad altri suoi simili.
Raccolse la sua roba,infilò la chitarra nella custodia,e restò ferma a guardarmi.Gli allungai il sacchetto di carta,chiedendogli se avrebbe gradito un sorso di birra.
"No,grazie,non bevo...maaa....se hai un po di marjuana la fumo volentieri."
Mi guardai un po attorno,vidi un ragazzetto di colore che si avvicinava lungo il marciapiede,e lo fermai di botto."hey,mister,hai marjuana?"
Lui mi guardò sconcertato,parve squadrarmi un attimo poi, come a fare una sua valutazione mentale,guardò ancora prima me poi la ragazza.Mi accorsi che era molto giovane,i suoi occhi emettevano lampi di paura e diffidenza."Seguimi un attimo",disse infine,e ci avviammo insieme tra le ombre di un vicolo laterale.Si fermò,mi venne vicino.
"Sì,io cel'ho l'erba,ma tu sei uno sbirro!!"
"IO UNO SBIRRO???,MA STAI SCHERZANDO??"
"Senti,vuoi darmela oppure no?"
La cosa stava diventando troppo rognosa da gestire,e poco prima era pure passata una volante della polizia.
Finalmente il tizio pare convincersi e,fin troppo guardingo, si decise a tirare fuori una pallina di cellophane,dove presumevo ci fosse la sostanza.Ma ecco che, non appena feci il gesto di prendere i soldi dalla tasca interna della giacca,il ragazzo fece un prodigioso balzo all'indietro e parve quasi sul punto di darsela a gambe,finchè non lo tranquillizzai di nuovo e gli mostrai per bene il portamonete, da cui,tra un frusciare di fogli,sfilai i cinque dollari necessari alla transazione.Lo guardai allontanarsi velocemente coi miei soldi ben stretti in mano,fissai per un attimo un'anonima pallina di plastica impenetrabile,e con un sospiro esasperato,tornai dalla ragazza che mi stava ancora aspettando dietro l'angolo.
Donna,Donna Mandel,disse di chiamarsi.Viveva a New York, e girava tutti gli states con la sua macchina,una macchina enorme e dondolante con cui era solita percorrere le strade del suo mondo allucinato.
Salimmo sulla sua auto,che pareva piu un camion che altro,e guardandoci da una distanza esagerata,partimmo alla ricerca del'ostello in cui alloggiavo.Non ricordavo affatto la direzione da prendere,e devo dire che Donna è stata molto paziente a girare in tondo per molti chilometri senza battere ciglio nè lamentarsi...
"Non preoccuparti",disse,"prima o poi lo troviamo."
E lo trovammo.Stavamo percorrendo una strada in cui avrei giurato di non averci mai messo piede,quando invece spuntò l'insegna dell'ostello che annunciava la fine del nostro girovagare.Entrammo di filata alla reception.Grande fu il mio sgomento quando,tra imbarazzo e scuse grevi,il tipo dietro il bancone disse che gli estranei non erano ammessi!!Che disdetta.
Uscimmo in strada coi musi che raschiavano l'asfalto,tanto eravamo delusi.Io per ovvie ragioni,mentre per Dana la questione era ben piu importante.A lei serviva un posto dove passare la notte.Bene.
Allora gli dissi di seguirmi,gli dissi che nel retro c'erano le scale antincendio,e che con un po di fortuna,forse,saremmo potuti passare da lì.Sorvolerò sui particolari piu piccanti e personali della nottata,ma posso dire con certezza che fù una delle piu fantastiche serate che abbia mai avuto.Fumammo,parlammo(per quanto il mio inglese scolastico permetteva)suonammo a turno la chitarra,cantando,e facemmo l'amore.Lei era stanca,dormiva profondamente,mentre io,appoggiato su di un gomito,la guardavo ancora fremente di desiderio.Donna.Donna Mandel disse di chiamarsi.Dovrei avere ancora il suo numero di telefono,da qualche parte.La mattina arrivò troppo veloce,scuotendo i muri, e strappandoci via dai nostri sogni.Dopo una veloce colazione di bacon e frittata(il portiere di notte era già smontato),la accompagnai tristemente alla macchina.
Sapevo che non l'avrei mai piu rivista,sapevo che sarei dovuto andare a svuotare i cestini della spazzatura nella cucina dell'ostello,sapevo che sarei morto non appena l'avessi vista andare via.Allora alzai lo sguardo,presi una pallina di cellophane dalla tasca e gliela mostrai.
"Che ne dici di un'ultima fumata?"
Entrammo in macchina,lei prese il suo chilum personale e lo passò a me,fissandomi poi nella operazioni di carica.A un certo punto arrivò un uomo di colore,grosso e cattivo e incazzato.Si piazzò vicino alla nostra auto e cominciò a passeggiare su e giu,tenendo incollato il suo sguardo su di noi.Io infilai il chilum(gia carico)tra le cosce,e cercai di assumere un'espressione scocciata e annoiata,nella speranza che l'omone si levasse di torno.A un certo punto Donna si sporse verso di me(si perchè il tizio era sul marciapiede,dalla mia parte),armeggiò irritata con la manopola del finestrino,ed esplose in imprecazioni del tipo:
"Scusa,ma che cazzo vuoi? Hai qualche problema?"
Vidi il faccione del tipo farsi pericolosamente vicino a me,sbirciando curioso dal finestrino ormai spalancato.Io,dal canto mio,strinsi il chilum tra le gambe con rinnovata energia,e mentre cercavo di assumere un'espressione che fosse la piu truce del mondo,lo guardavo da dietro le strette fessure dei miei occhi,come se fossi qualcuno che sa il fatto suo.Era tutto un bluff,ovviamente,io mi stavo letteralmente cagando in mano,ma non ne ero affatto sicuro di Donna che,anzi, sembrava essere l'assoluta padrona della situazione.
Il tizio parve immobilizzarsi un'attimo,roteò gli occhi incerto sul da farsi,poi,e mantenendo sempre una calma olimpica,si scusò e sparì per sempre dalla nostra vita.
Lungo la strada,le auto rombavano senza sosta.Le osservavo da dietro il parabrezza,che attutiva e diluiva i rumori del mondo,il ronzio continuo di questa vita che sembrava sempre dover andare da qualche parte,e imprigionava il fumo delle sigarette entro i suoi confini,impedendomi di vedere quello che c'era oltre,ma facendo anche in modo che potessi concentrarmi solo su Donna.A un certo punto,ancora stento a crederci,sentii dire:
"Verresti via con me?"
La guardai sbalordito(i piatti da lavare mi aspettavano),spalancai piano la bocca fino a farla toccare livelli mai raggiunti,e con gli occhi fuori dalle orbite,cominciai a sognare di canyon e foreste,deserti e praterie,strade interminabili dietro curve lontane.Era l'occasione che avevo atteso tutta una vita.
"Non posso",mormorai infine.
Chinai il capo sul petto.Avrei voluto piangere,avrei preferito morire all'istante,avrei voluto non dover dire mai quelle parole ....non posso.Ma è esattamente quello che feci.Ancora col capo chino,sentii due mani che mi carezzarono le guance,e tirandole a se,Donna si protese in avanti fino a che le nostre labbra si incrociarono,donandomi il piu bel bacio della mia vita.Donna Mandel,disse di chiamarsi.
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