martedì 19 maggio 2015

RIBECCO LUCIO

Il vento soffocava il gorgoglìo penoso dei tombini. Una pioggia grassa si era fatta largo tra le strade, con l'irruenza di una matrona inacidita si era insediata, ben decisa a non cedere il passo.
Ero così nervoso che avrei preso a morsi l'aria, lacerato questo tempo balordo, cosi fermo sulle sue posizioni...insolente, e mi faceva perdere tempo alla stazione...Pensavo alle nuvole, a quanto sono belle ancora acerbe, quando corrono veloci, come a volersi fare subito adulte, e donare immagini di soffice follia...pensavo a questo, in mezzo alla gente che si ammassava nell'atrio per via della pioggia, tetra e scocciata. Dopo il lavoro alla Leroy Merlin non feci molto altro...non ricordo...i sogni erano animali selvatici che si dimenavano tra le coperte, sempre a digiuno a cercar l'azione...ma a chi importano i particolari? Perchè preoccuparsi dei particolari?
Spiccavo tra la folla?  Mi distinguevo in boccolosi orpelli io? No...ero solo tetro e scocciato come tutti gli altri...un figurante della commedia umana, di quelli senza copione, messi li solo a far scena.
Cercai di farmi strada nella moltitudine, avanzando con la grazia di un bulldozer, in cerca di un cantuccio nascosto...un'isola di quiete ossigenata...quando incrocio questo tizio che si destreggia tra la folla...in mano una pentola...Viene dal bagno, l'ha riempita d'acqua...lo vedo allontanarsi, sparire oltre i grappoli di persone...mi incuriosisce, decido di seguirlo.
La sua faccia sciagurata, simile a una merda secca -scura-  screpolata sotto il sole, ricompare davanti alle biglietterie...compare e scompare, a scatti...fotogrammi tra le file dei turisti... tra le teste immobili e composte...cerco di non perderlo di vista; seguirlo sembra l'unica cosa sensata da fare...come girare il cuscino dall'altra parte quando è troppo caldo per dormire...cercare fresco nell'arsura dei propositi, ecco quel che dovevo fare.
Allora ci provo...mi candido per questa parte, cerco lo spartito...un'ingaggio forse lo trovo...il trucco è insistere, il palcoscenico è vasto, un ruolo si trova...provo a cercarlo dietro un angolo, dove l'ho visto girare, la pentola esposta come un trofeo...è tutto li dentro...dove l'acqua vortica e sciaborda d'irruenza, l'acqua primordiale...;continuo ad avanzare, vado fino in fondo. E' qui, lo vedo...si ferma in un cerchio di persone steso a terra. Sembrano le stesse persone che lavoravano anche alla Leroy Merlin, comunque ci somigliano molto...imbacuccati nei piumini multicolore sporchi..."Miky!!" sento pronunciare...un'affermazione squillante, convinta...che non stava affatto sbagliandosi.
Strizzo gli occhi, faccio colare mesi di lacrime non piante, le libero...le faccio calare, si cambia sipario...getto l'attenzione  su di un tipo dagli occhi azzurri, che mi fissano luccicanti...pozze d'acqua limpida che spiccano dal fango...sembra la caricatura di un negro in un film americano degli anni 30...è buffo, lo guardo meglio..."Lucio!!"
Così lo ritrovai, per caso, molti mesi dopo la comune esperienza lavorativa alla Leroy Merlin...Eravamo tornati entrambi al punto di partenza...eravamo di nuovo a zero, e la pioggia, che colava oleosa sui finestroni giallastri della stazione, creava immagini d'arazzi cangianti...un caleidoscopio di scrosci ondulati...magici, come quando sei con la maschera sott'acqua...uno sfondo annacquato, quelli che da sempre accompagnano i ricordi più cari...
Continua a guardarmi, nessun cenno di sorpresa fa esplodere i suoi occhi..."hey" dice solo, "avevo appena avuto un pensiero, sai...mi era esploso in testa, qui, nel bel mezzo del cervello...un'impatto nucleare, devastante...alimentato dagli stessi atomi delle cellule cerebrali le quali, così esigue, in realtà alimentano ben poco di quell'idea iniziale, e l'anello di energia ha smesso ben presto di espandersi, di auto alimentarsi, tornando a richiudersi nel punto d'impatto... collassare fino a farsi un puntino minuscolo, e svanire languidamente, assorbito dall'audace  stoltezza dei miei soliti pensieri....tu non capisci...capisci?
"Eh? faccio io...poi, confuso e perplesso, getto un'occhiata intorno:
è stato allestito un pranzo, c'è un fornellino, su cui viene messa a bollire la pentola dell'acqua..."vuoi mangiare qualcosa?" dice il tizio che ho seguito, la sola faccia girata verso me, che mi fissa dal basso, ghignante, scura e picchiettata, il corpo rannicchiato sopra la pentola...simile a un rospo, mentre uno sporco mestolo di legno danza circolare nella sua mano tremante...
 

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