martedì 12 agosto 2014

VICOLI

E' straordinariamente facile fare il superiore su qualsiasi cosa di giorno, ma la notte è tutta un'altra faccenda ( Hemingway).

Mi piace bighellonare nelle strette viuzze medioevali, la notte, quando i rumori tacciono inermi come polvere annaffiata, incartati con cura e rispediti al mittente, a quei viali lontani, sempre così in malafede. E mi piace quel senso di malinconico torpore che sanno trasmettere, simile a un sipario che cela un palco precluso a spettatori curiosi, unito a quell' inafferrabile sensazione di benessere che si prova solo dentro un bagno chiuso a chiave.
Scorci di un cielo cobalto fanno capolino fra i tetti che si sfiorano, come una madre premurosa china sulla culla del figlio, in ansia; e mi piacciono i lampioni in ferro battuto, alla stregua di balocchi fatti a mano, protesi con grazia, a formare glabri peluche di luce, scolpiti nel buio come petardi nei giorni di festa.
Pochi sono coloro che si addentrano in questi corridoi, e quasi nullo è il traffico. Sporadici mezzi a scoppio irrompono inattesi come acquazzoni estivi, brevi e seccanti, facendomi la grazia di svanire presto, portandosi via il loro orribile codazzo di benzina combusta e pistoni sferraglianti.
Tra i muri incombenti il sapore di umido rancido si mescola alla fragranza del bucato appena steso, e il muschio è una coperta che copre tutto, come un sogno acerbo ignaro della sua consistenza. Minuscoli balconi, ricovero di gramigna, assumono la forma di conchiglie levigate, da cui paffute veneri, illuminate dalla brace di sigarette aspirate stancamente, lanciano sguardi maliziosi. Grondaie di cioccolato scendono rigide e solitarie ad alimentare eserciti d'ortica accampati in pozzanghere di muffa, fertilizzate da un continuo flusso di urina e olio motore. Sacchetti di sudicio, sposati a carcasse di biciclette, assistono stupiti al mio passaggio come spettatori esigenti.
E mi piace ascoltare l'eco di passi solitari, quando non trovano vie di fuga, sequestrati dalla maldestra e vischiosa trappola di sboccati graffiti, che ricoprono tutto con pacchiana nonchalance. E che dire, poi, dell'eccitante e ritmato rintocco di tacchi femminili, che si destreggiano fieri sui ciottoli irregolari, sinistri e sublimi allo stesso tempo?
Li ascolto rapito finchè torna il silenzio, ordinato come un paio di pantofole riposte sotto il letto.
Un viscido pattume ostruisce i tombini, formando rivoli di ondeggiante foschia che, incerta come una dilettante apparizione, si cimenta in un'arruffata quadriglia.
Volti arcigni e bellicosi, fasciati da una calzamaglia di buio, si stagliano da finestre socchiuse, accompagnati da un'orchestra di stoviglie tintinnanti, e si protendono come sovrani minacciosi a sorvegliare auto costose, accostate ai muri come preziosi quadri.
Questi vicoli sono le mie interiora, budella in fermento, e si dipanano frignanti come tante piccole serpi al momento della schiusa.

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