lunedì 28 aprile 2014

IL SOGNO

Il condannato sfilò sicuro e spavaldo;
la sua figura si ergeva  imponente,
un "menhir"
immobile e immutabile come i secoli passati.
Il suo sguardo era roccia impiccata sull'abisso
proteso verso un volgo astratto
ma chiassoso
lanciato in un'orgia di furia disinibita,
sferzante e sprezzante.
(che strano modo di amare; amassi così io, resterei solo).
Un fumo acre spezzò l'aria
diramandosi nel cielo in tanti rigagnoli
mentre
un sole rosso tramontava lontano
sciogliendosi sulle cime aguzze di una città perversa,
denso e scivoloso come sangue
(questa città è una emorragia insanabile, che cola da una ferita nel cielo).
E il caldo era un tiranno che incalzava spietato
spedìto come lava fusa
ed era di quel calore che distorce i punti lontano
(insensate e liquide visioni)
quelli solitamente più interessanti......

Mi sveglio di getto da un sogno assetato
accendo la luce in fretta
sfilo una matita dall'astuccio di jeans,
come una spada sguainata con furia dal suo fodero e,
cercando di tener per la coda un ricordo datosi alla fuga,
scrivo queste parole:
"Ombra Di Inchiostro Nero".

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