Vile umiltà.
Chi ti creò?
Chi si sollazzò nel gettarti, agnello tra i lupi?
Chi ti umiliò a tal punto, piccola umiltà?
Piccola stella del firmamento.
A volte sai tornare, decisa consigliera, in un pizzo di tuoni e saette; a volte riesci ancora a spezzare le spine di cui è intrecciato il mio giaciglio.
Piccola mia, quale muro deviò mai il fluire del tuo caldo sussurro?
Ti ho strappata dal cielo, saturo d'odio, e messa via, da parte, come si fa con le vecchie foto; ti ho celata, ebbro d'arroganza, tra le pieghe dei miei pensieri corrucciati, ben nascosta tra le falde d' un perenne grugno d' insoddisfazione. A volte ti ritrovo quando cammino col capo chino, in un furore di passi eccitati, e ti vedo riflessa nelle pozzanghere, infiocchettata come in una vecchia cornice.
Ti ho scorta tra le parole di un vecchio professore di liceo;
caro professore, come ho potuto così presto scordarmi di te?
I tuoi balletti da piccola lavandaia, con tanto di finta a reggere un virtuale grembiulino, erano l'apoteosi dell'insegnamento, della vita e della commedia umana.
Quando ti vedevo entrare in aula con occhio di mite rassegnazione, pesante come un orso appena uscito dal letargo, stanco ancor prima di iniziare, la classe era già deformata da un susseguirsi di sorrissini e battute più o meno scontate. Solo un fugace sguardo, e poi partivi deciso, sbuffando e ansimando come una vecchia locomotiva a vapore; eri il furore della storia che tornava, la grazia del poeta e l'ardore del comandante.
"Voi, scimmie dell'oceano, vi guardate bene la mattina nello specchio?"
Le sue lezioni iniziavano sempre così.
"Oppure state lì come dei fessi a guardare quel tizio che vi guarda sconvolto?"
Non credo che gli altri avessero la mia stessa opinione riguardo i suoi confronti. Per loro, di solito, la sua presenza coincideva con un paio d'ore di beato menefreghismo, dove le ciarle quotidiane a volte si fermavano, prede dall'attenzione momentanea che il professore sapeva ancora imporre.
"No perchè io stamani mi sono guardato bene (mi alzo presto io, non sono mica una scimmia della vostra categoria) e mi sono detto (si, io, a me stesso, per quelle scimmie che non capiscono i miei versi....):
e intanto ci puntava addosso il suo dito ammonitore:
"tu scimmia, cosa farai oggi? Si, tu, scimmia tra le scimmie!!"
Il suo sguardo spazzava la stanza, sbraitando e saltellando in continuazione, in un furioso susseguirsi di attimi impossibili e fragorose risate; andava avanti spedito a intrecciare 3 min. di lezione con 1:57 h delle più assurde argomentazioni, e l'aula era come un mare che in burrasca, pieno di onde che facevano su e giù, simili ai nostri pensieri più sciolti. Nell'aspetto, poi, era la caricatura stessa di un professore, cioè era proprio tale a quale a un professore di italiano come uno pensa debba essere un professore di italiano: con gli occhiali sul naso, barba bianca e capelli medi bianchi. sbarazzini sopra le orecchie.....a me ha sempre ricordato un po lo zio Jesse Duke, il saggio e mite consigliere dei cugini Bo e luke ( e di Daisy, se mi è concesso), che scorrazzavano come dei matti a bordo del mitico e godurioso generale Lee ( che per inciso è una Dodge Challenge del '76) su e giù per l'immaginaria e affascinante contea di Hazzard, in Georgia.
Come lui eri il saggio, il barbuto della tribù, l'uomo, defilato ma sempre pronto a risolvere le situazioni più intrigate con calma e metodo, spesso con solo due o tre consigli, quei consigli che provenivano da una saggezza vecchia di quasi un secolo.
Maestro eri e maestro resterai, ovunque tu sia adesso.
Eri uno degli ultimi, il vecchio da mettere da parte per iniziare un nuovo corso d'insegnamento, a passo coi tempi ( e che non sia stato perseguitato per le sue idee politiche nel caldo anno del '68) e spinto ad andare in pre pensionamento, come incapace di intendere e di volere (come poi in effetti è successo, credo).
Dio, ho già scordato il tuo nome, il tuo, che aveva anche una pagina internet dedicata a te e creata da tutti i tuoi vecchi studenti ormai sparsi a giro per il mondo.
Stolto; io, scimmia, ho sorpreso me stesso.
Quasi volevo buttarlo. Me lo avevi regalato come un gesto di tregua.
Poi l'ho preso in mano, curioso, e ho letto il titolo:
" Il Lupo e il Filosofo."
Ho cominciato a leggere le prime pagine, la mente sgombra, serena come un galeone appartato in una radura, e infine ho capito.
La tua saggezza da quasi un secolo si è manifestata, con grazia, tramite una lettera, scritta a mano, al vecchio modo, con quelle due o tre parole di straripante saggezza da togliere il fiato dalla gola, e si riprendono in un attimo, con vigore, tutta la loro secolare sapienza.
Mark Rowlands
Il lupo e il filosofo
"lezioni di vita dalla natura selvaggia"
Gli unici che abbiano davvero qualcosa da insegnare sono i cosiddetti "pazzi". ;-)
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