domenica 30 giugno 2013

ACCADEMICI

Stamani mi sono svegliato con un pensiero.
Voi sapete che molto spesso i miei pensieri divagano fin troppo e, a volte, involontariamente, qualcuno può sentirsi un po...come dire...attaccato.
Voglio precisare che le mie divagazioni sono sempre molto personali, e quando scrivo, scrivo solo per me stesso, senza nessuna "distinta" persona a cui riferirmi.
Bene. Chiarito questo punto, e nella speranza che nessuno si senta in qualche modo offeso, voglio, assieme a voi, riflettere su quelle persone che - e troppo spesso a caso- vengono definite accademiche.
Vorrei inoltre precisare che potrei definirmi un accademico anche io;
eh si, alla soglia dei 40 anni, sono ancora "perso" in questo labirinto di presunta conoscenza che risponde al nome di università.
Non voglio stare qui ad annoiarvi sui motivi che mi tengono ancora incatenato a questa realtà di "adolescenti" - o poco più - ma sono estremamente personali, e riguardano anche un brutto periodo di malattia e depressione che mi hanno obbligato a starne a lungo fuori.
A riguardo, posso solo dire che, sempre secondo la mia modesta opinione, se "prima" l'università era decisamente allo sfacelo, oggi direi che assomiglia incredibilmente al campo di battaglia di "Caporetto" subito dopo la disfatta.
Una mia carissima amica, laureanda in antropologia, subito dopo un viaggio di studi in Messico, appena rientrata sul sacro suolo della patria, ha deciso, clamorosamente, di non finire la tesi finale......"sono troppo disgustata dall'ambiente" sono state le sue parole. Precisamente non sono a conoscenza dei motivi che l'hanno portata a questa scioccante decisione, ma posso assicurare che ha preso una decisione ben precisa, e purtroppo - aggiungo io- definitiva.
Aggiungo, inoltre, che è la ragazza più intelligente e simpatica - e seria- che conosco, e a me, sinceramente, il fatto che non abbia un papiro che confermi tutte queste sue qualità, non importa una beata xxxxxx!!!
Ma, ovviamente, non potrà certo fare il lavoro che ha sempre desiderato più di tutti....anche se, magari, è l'antropologa più brava che esista sulla faccia della terra;
ma gli manca il papiro, e questo è oltremodo inaccettabile.
A riguardo, io mi sento come la gemma di un fiore che sta per sbocciare, ma che giace ancora nel sicuro conforto del suo bozzolo, e quando il fiore si apre, spingendomi verso la vita e la società, la luce è così accecante e bollente, che rimango subito scottato, e allora desidero solo rientrare dentro, all'ombra del mio sicuro nido protettivo.
Diventerò mai una farfalla?
Forse no, probabilmente no; però, a modo mio, posso sempre provare a volare, forse non come una farfalla, ma magari come una falena notturna, o come una fiabesca lucciola che brilla a intermittenza.
Mi manca affetto?
Voglio la mamma?
Punto i piedi come un bambino capriccioso?
Si, sono tutto questo, perché vivo come in bilico su di una linea immaginaria, e rimanere immobili su un filo sottile è sempre molto difficile;
è come un'eterna sfida al mondo intero, un mondo che mai mi porrà sopra un piedistallo, dannato per l'eternità, sempre dubbioso, sempre con troppe domande senza risposta, sempre troppo isolato e curioso, e nessun professore che sia in grado di soddisfare ogni legittima e sacrosanta domanda...si, a me piace "sviare" ogni tanto, sbirciare quel che c'è fuori da quei fottutissimi binari di stagnante sapienza.
Ogni loro pensiero [ degli accademici], ogni singola parola che scrivono, trasuda di espressioni ampollose e troppo spesso fini a se stesse.
Sono chiaramente indottrinati in uno schema molto rigido e ben definito, e ne seguono i binari in maniera dogmatica e cieca; non osano mai sbirciare fuori, anche se siedono accanto al finestrino di quel treno veloce e sicuro che si chiama università (ma li capisco, ne va di mezzo la loro preziosissima carriera).
Non hanno un pensiero che sia del tutto loro - ricordo che è sempre la mia modestissima ipotesi- ma ormai il loro modo di pensare è così condizionato che in effetti credono di ragionare in modo indipendente e autonomo, anzi, i loro discorsi sono sempre farciti dalle citazioni più variegate e astruse, e il tutto è condito, ovviamente, dalle solite parolone in latino, perché si sa, il latino è il linguaggio dei potenti, degli esseri superiori, che il popolino non potrà mai capire, e ne fanno un largo uso, spesso in modo incoerente, solo per dimostrare che loro sanno!!
A questo sfogo personale, vorrei aggiungere solo una ultima cosetta;
Umberto Eco (scusate se è poco) è solito dire:
"non mi interessano le citazioni, dimmi quello che sai tu."

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