Lucio non era molto sicuro di quello che stava per fare.
Era inverno,ed era molto freddo.Praticamente camminava con il collo infilato tra le spalle,le mani serrate in tasca,la faccia protesa in avanti,quasi a imitare una posizione aereodinamica;Cercava di fendere il gelo,di farlo scivolare via,fino a farlo scomparire tra i vapori gelati dei suoi respiri.
Ma era sempre lì,visibile a tutti.
Camminava immerso in un'aria fine,quasi sterelizzata,e i suoi passi crepitavano sull'asfalto,mandando in frantumi una distesa di vergine brina, fatta di stelle.
Si sentiva strano,irrequieto.
Anche quando abbandonò la sua famiglia,sù a verona,si sentiva così.
Aveva una moglie,dei figli;Aveva degli amici e un onesto lavoro.
Riparava violini.
Ma andò via.
Imboccò la strada e sparì in una mattina d'inverno,chiudendo un sipario di nebbia alle sue spalle,e puntò deciso verso l'ignoto.
Perchè lo fece?
Stava bene;La sera rincasava spandendo truccioli colorati e odor di segatura tutto intorno a se,e si rinchiudeva nella sua stanza a rubare note malinconiche dal suo violino.
Però non sopportava l'idea di non sapere,di non conoscere il mistero che si celava dietro quella curva lontana,là dove andava a nascondersi il sole.
"Vado ad acchiappare il sole" diceva ai suoi amici stupefatti,e saettava via, verso quel colle,dove il sole,come sospeso su quella curva,sembrava seguirne i contorni,fino a sparire con un ultimo luccichìo.E si nascose bene.
Erano ormai molti anni che vagabondava,in cerca,immerso nella sua tragica vita.
Lo conobbi alla stazione.
Stava stravaccato su un carrello portabagagli,e mi chiese una sigaretta.
Mentre la sfilavo dal pacchetto,notai che il suo sguardo era inchiodato ai miei occhi.Sorrideva.
Prese la sigaretta(senza ringraziare),la adagiò con grazia tra le labbra,e la accese.
Inalò una lunga boccata di fumo,la ricacciò indietro dal naso e sempre fissandomi disse:
"Per quanto lontano possa andare,io coglierò quell'attimo,lo sradicherò da quell'impellente desiderio di....." all'improvviso strabuzzò gli occhi,si sporse in avanti e cominciò a tossire ferocemente, espellendo enormi chiazze di catarro bruno.
Tossiva così forte che l'intero atrio della stazione rimbombava; poi sembrò calmarsi un poco,si allungò nuovamente sul carrello e,aspirando una vorace boccata di fumo,tornò a fissarmi tutto soddisfatto. Lo guardai un'attimo perplesso."Cosa?" dissi infine,con calma,mentre il mio sguardo randagio vagava incerto attorno alla stazione,incrociando i frettolosi passi delle persone che si apprestavano a prendere il treno,e tra le bancarelle anonime di bibite e panini sottovuoto; e tra quello struggente sentimento che si prova solo quando si osserva un treno allontanarsi all'orizzonte,e perdersi con un ultimo tremolìo.
Infine tirai indietro il guinzaglio dell' immaginazione e tornai a posarlo su quello strano personaggio.
Lucio,disse di chiamarsi.
Mi viene in mente un detto di cui non ricordo l'attribuzione: "Le passioni fanno vivere l'uomo. La saggezza lo fa solo vivere a lungo". Abbandonare la propria vita per andare ad "acchiappare il sole" è una buona metafora per dire questa verità... ;) "Lucio": con riferimento etimologico alla "luce"? :)
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