Sono cresciuto nella degradata periferia di una mediocre città italiana. Capita.
In realtà io, con questa città, c'èntro come i cavoli a merenda.
Sono nato e cresciuto in Germania; mio padre era un figlio della guerra, e soffriva la fame come tutti. Poi, con insolita intrapendenza, chiuse la sua valigia di cartone, strizzandoci dentro tutti i sogni, e si imbarcò per le oscure lande teutoniche, dove mia madre, per una curiosa successione di intrighi, aveva dei parenti.
Mia madre vanta origini tedesche, anche se è nata in Italia. Non ha mai voluto dire quasi niente a proposito, ma è noto che sua madre (mia nonna) ebbe alcuni stretti rapporti con un soldato tedesco.
Insomma, per farla breve:
i miei genitori si conobbero e si sposarono, poi, per non sentire più i ruggiti della fame, decisero di contattare questi parenti sconosciuti i quali, non so come, fecero da garanti ai novelli sposi e, come per incanto, riuscirono a sistemarli bene, con un un alloggio e un lavoro buono e ben pagato.
Poi il dramma:
mio padre aveva nostalgia dell'Italia.
Mia madre non ci pensava proprio a tornare. Stava bene, si sentiva come a casa.
Ma il capo famiglia, mio padre, signore e padrone, decise che in fondo, a discapito di tre figli che già avevano iniziato le scuole e fatto amicizia con tanti ragazzini, e di una moglie finalmente soddisfatta, sarebbe stato meglio rientrare in Italia. Ora, non so quale lampo di buon senso colpì mio padre allora, ma tutto a un tratto decise, senza il consenso o l'appoggio di nessuno, che forse, invece di tornare direttamente al paesello natìo, sarebbe stato meglio fermarsi a metà strada e accomodarsi qui a Firenze, dove una sua sorella già viveva da anni. I primi tempi furono difficili:
Mio padre non riusciva a trovare un lavoro stabile, e finimmo per sembrare dei pitocchiosi, senza il becco di un quattrino (a mia madre era vietato di lavorare).
La casa di mia zia era piccolissima, e anche lei aveva tre figli. Non c'èra spazio per noi.
La notte, infatti, dopo aver passato il giorno a casa di questa mia zia, eravamo costretti, per dormire, ad andare in una casa adiacente, abbandonata, e scavalcare una finestra rotta. Lì i miei genitori avevano approntato un angolo letto per noi; immagino che per loro tutto questo fosse umiliante, ma a noi ragazzi, ignari della situazione difficile, sembrava un'avventura straordinaria e inquietante.
Non so quali problemi abbia avuto in Germania mio padre, ma ricordo che si stava bene.
Potevamo permetterci tutte le mercedes e le bmw più costose, e vivevamo in una strana e onirica opulenza. Riuscì anche a mettere su un bar ristorante, in una zona boscosa, piena di laghi e sentieri, e le cose andavano, credo, più che bene.
Era il 1982. L'Italia aveva appena battuto in finale la Germania ai mondiali di calcio, vincendo il titolo, e mio padre era l'unico che, in una serata di assoluta freddezza, festeggiava con spumante e i mortaletti più colorati, così, solo per far innervosire i tedeschi. Erano quasi vent'anni che viveva li, e credo non ne potesse più.
Voleva solo andare via.
E fu cosi che capitammo a Firenze. Anzi, non proprio a Firenze, ma un po fuori, in una oscura e indefinita periferia che stava allungando i suoi tentacoli su vecchi terreni paludosi, ben lontani dal centro, saturi di miasmi e di zanzare, dove enormi complessi residenziali stavano spuntando un po' ovunque come funghi.
Erano condomini per immigrati.
Curiosamente, come a fare il verso a ben altre costruzioni popolari, questi agglomerati urbani presero il nome di "le navi"......una curiosa somiglianza con "le vele" di Napoli.
Praticamente è come essere lì.
Questa zona è il termine ultimo di ogni trasloco per Firenze.
Sterminati e fatiscenti condomini popolari fanno da casa a innumerevoli famiglie di immigrati, e se tanti anni fa gli immigrati erano solo "terroni" da tollerare, oggi, quegli stessi migranti assumono i connotati di zingari e romeni, arabi, somali e gentaglia di ogni genere. Non fraintendetemi:
non sono razzista, ma se ieri, comunque, potevi stare relativamente tranquillo anche se circondato dalle famiglie camorriste più tremende oggi, invece, manca quella sicurezza che la camorra sapeva trasmetterti.....nessuno sgarrava.
Oggi è un inferno. Nessuno sa chi rispettare o cosa rispettare. Sono tutti in carcere, e si sa che quando mancano i gatti i topi iniziano a ballare.
Io sono cresciuto in mezzo a questa gente:
qui tutti si organizzavano in bande...."gruppo piagge"...."collettivo piagge".....ma io, anche se ben conosciuto e rispettato, non ho mai voluto fare parte di questi esaltati pazzoidi.
Oggi la maggior parte di loro è morta oppure è in carcere.
Io no:
sono quasi morto, ma non ho mai avuto problemi di legge. E' stata una scelta attentamente valutata.
Conoscevo tutti e tutti conoscvevano me. Ci ero andato a scuola insieme. Ma non ho mai voluto unirmi a loro.
Io sono sempre stato un solitario, non ho mai avuto bisogno di nessuno, e nessuno mi ha mai dato fastidio.
Sono del segno del leone, fiero e solitario. Quando volevo, infatti, sapevo essere più cattivo e feroce di tutti questi bulletti di periferia messi insieme, e oggi, anche se non più giovane, il mio nome circola ancora come una sorta di leggenda tra tutti questi nuovi ragazzini di periferia. Non mi conoscono, non mi hanno mai visto, ma quando vengono a sapere chi sono, il loro atteggiamento arrogante cambia, e non di poco, e allora iniziano a chiedermi di quando, ad esempio, acchiappai il Lopez e lo menai di brutto, rendendolo mezzo cieco da un occhio....vogliono sapere queste cose, vogliono essere temuti e rispettati, come i vecchi personaggi della zona, che si sono fatti un nome. Stolti. Andate a studiare, dico io, e fatevi una cultura.
No, è una battaglia persa. Mi guardano quasi con pietà (senza neanche immaginare tutto quello che ho passato) e mi liquidano in un attimo, come uno sfigato, come uno che si, è stato tosto, ma che oggi non non vale più una ceppa, e quindi non merita rispetto. Poveri bimbi. Spero solo che la vostra vita non sia così breve, e che riusciate a stare lontani dal carcere. Spero che riusciate a fare almeno la metà di quello che ho fatto io, anche con la salute compromessa, e lontani da ogni contatto con la legge. Solo allora il vostro nome rimarrà scolpito nella mia memoria, la memoria di un vecchio bullo di periferia che ha capito quello che doveva fare.
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