Ripiegato su me stesso,
rannicchiato sulla panchina di un parco.
Gli uccelli accorrono
quasi speranzosi
fringuellii, tortore, gazze e cinciallegre
e i melanconici piccioni, deformi,dalle zampe rotte
costrette nella plastica;
cinquettano e saltellano tutto intorno...
cercano cibo, bianca mollica.
Sono il perno di questa giostra
una massa informe e anonima
che nasce spontanea sulle panchine arrugginite
come una muffa spudorata
dei parchi di città.
Come apparirò ai loro occhi?
Forse come un macchinario che vomita
forme desiderate, briciole crepitanti,
e di solito non dà molto fastidio.
Questa macchina potrebbe somigliare
all'ultimo dei barboni, quando,
piegato in due su di una panchina,
vomita tutta la sua anima inzuppata di alcool,
e il suo sguardo spento si alza un attimo,
quasi in cerca di conforto.
Ed ecco apparire queste creature
leggiadre e schive
che volano e cantano come fate,
che saltellano incuranti
che cancellando all'istante
le sue pene
le sue paure.
Ho notato che la figura del senzatetto è centrale, nei tuoi scritti... E' una mia impressione o...?
RispondiEliminaErica nelle mie poesie c e tutta la mia vita....stasera ti rispondo meglio....sul pc.
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