In realtà non saprei dire quando fui colto dal tarlo del viaggio,quel tarlo che ti rode ogni singolo momento della tua giornata,e che ti fà dire: OOHHH,MIIKYYYYYYYYYY,MA QUANDO SI VA VIA??
Naturalmente avevo già avuto la mia buona dose di vagabondaggio,inframmezzate da un lavoro assurdo a un lavoro ancora piu assurdo.
Ma quando finalmente mi decisi a fare il grande passo,quel passo che ti porta, una volta per tutte, a dirigerti davvero verso quel qualcosa che possa occupare e riempire davvero tutti quei vuoti della tua vita,ricordo,stavo lavorando per una mia cugina.Mia cugina.E' da molto che non la vedo.Tempo fa,incontrai un cugino in comune il quale,tutto eccitato,ebbe a dire:"MICHELE,ERAVAMO INSIEME SULLA SPIAGGIA A PRENDERE IL SOLE,E LEI ERA LI',CON UN TANGA SOTTILISSIMO,E LE BOCCE AL VENTO.CHE VUOI, IO MI MISI A GUARDARLA FISSO(nonostante l'età non piu giovane in effetti ha ancora un gran bel fisico) E LEI,COME SE NIENTE FOSSE,MI DICEVA.....MA LUCIO,IO SONO TUA CUGINA...."
Gìà,appunto,mia cugina,mica mia sorella.Comunque, ormai tutto ciò non aveva piu alcuna importanza,dato che già mi trovavo in volo sopra l'oceano,rombando in direzione dell'aereoporto di Los Angeles,con il mio bagaglio di stracci e una manciata di cassette con le mie canzoni fatte in casa.Perchè lo feci?
Ad oggi non so ancora darmi una ragionevole risposta,ma so per certo che dovevo farlo,ne andava di mezzo la mia integrità mentale,il mio futuro,le mie aspirazioni,il mio aver deciso che mi ero fatto uomo.
A quei tempi andava tutto ancora bene,esistevano buoni rapporti con la mia famiglia,eppure,non so perchè,decisi di non dire niente a nessuno.Nessuno doveva sapere del mio viaggio.
E fu così che una bella mattina riempii lo zaino di scuola con 2 felpe,2 magliettine,2paia di calzini puliti,2 paia di slip puliti,insomma dai, avete capito,2 paia di tutto,e col biglietto aereo infilato nella tasca posteriore dei jeans che avevo ritirato(e pagato)il giorno prima,mi avvia cinquettando verso "la scuola".
Come ho già detto,a quei tempi lavoravo per mia cugina,la quale mandava avanti,assieme a quell'asino del marito,un laboratorio di pasticceria,ed erano conosciuti dai ristoratori di mezza firenze proprio per quei loro dolci ,che riempivano i loro scaffali già dalle prime ore dell'alba.Questo facevo.Mi alzavo alle 4 del mattino,arrivavo al laboratorio in bicicletta,cercavo di ingollare un paio di cornetti con caffellatte poi,dopo la dovuta sigaretta,caricavo gli ordini dei vari bar e ristoranti a cui mandare i manicaretti, e partivo con l'ennesimo bombolone ancora infilato in bocca.Avevo le chiavi di ogni bar,quando arrivavo io,infatti, erano ancora tutti chiusi,per cui tiravo su la serranda,scaraventavo dentro i vassoi coi dolci,e impadronendomi illecitamente di indefinite manciate di gomme e caramelle,passavo all'indirizzo successivo.
Il giorno solitamente lo passavo a dormire,dopodichè dovevo prepararmi per andare a scuola.Frequentavo le scuole serali per geometra.Tornavo a casa la notte e se riuscivo a infilarmi sotto le coperte prima di mezzanotte,potevo ritenermi fortunato.Poi alle 3:00 la sveglia,per il solito giro di consegne col furgone,poi riposare,poi scuola....insomma,dopo un anno che andavo avanti così rischiavo seriamente di impazzire.
Il mio fu un tipo di viaggio che,quando uno scende dalle scalette dell'aereo,è capace di dire:
"E' adesso?"
Non avevo la piu pallida idea di dove andare nè di cosa fare,erano le undici di sera a Los Angeles,e le strade erano vuote e silenziose,ma con alcune sirene che gridavano in lontananza come ad avvertire che in realtà,in quelle strade, non si è mai così soli....Presi un taxi.
Direzione Venice Beach.
Sapevo solo che su quella spiaggia erano nati i Doors,perchè dunque non avviarmi da quella parte?
E poi,dove altro sarei potuto andare? Non conoscevo nessuno e la città mi incuteva una sorta di reverenziale timore,ero nel luogo dove i sogni si avverano,ero nel luogo che quando le poesie prendono forma,riempiono il letto dei canali arsi dal sole del deserto,e scorrono tumultuosi verso l'oceano.Era buoi,per le strade non c'èra nessuno.
Improvvisamente mi tornarono in testa,come frecce che impattano sulla superfice dei ricordi,tutti quei film che parlano di bande violente che spradoneggiano per le strade,pensavo se dar credito oppure no alle continue scene di violenza che ci inculcano in tv.Sarà poi vero? mi domandavo.
Arrivai a un ostello della gioventù.Continuavo a sentirmi in imbarazzo,anche per via del mio inglese,che non è quello che si dice proprio di "madre lingua". Tutti sapevano l'inglese,qualsiasi individuo a cui non avresti dato un cent allargava il suo sorriso da orecchio a orecchio,sbattendetelo in faccia,scocciato di aver a che fare con un coglione come te,che neanche eri capace a parlare una lingua che perfino lui era stato in grado di imparare.
Quante avventure che mi sono perso,quante magiche notti son volate via,solo a causa della mia ignoranza.
Mi rivolsi al ragazzo dell'ostello, cercando di gesticolare in modo che quel malcapitato potesse capire che stavo cercando una stanza per la notte.Non solo capì,ma quasi piansi di gioia quando mi annunciò,tra il serio e il faceto,che anche lui era italiano,di Venezia.Bene.Assumendo allora un'aria servile, da cane bastonato,gli chiesi implorante se c'èra una camera a disposizione,e se potevo avere una chiave,cosa che lui mi diede,in effetti, senza battere ciglio,la chiave n. 47.
Arrivato al mio piano,dopo una serie di rampe di scale,infilai la chiave nel buco della serratura,armeggiai un po,e mi catapultai dentro con un gran sbattere di misteriosi oggetti che franavano un po d'appertutto.Mi fermai un attimo,incerto sul da farsi,poi volsi lo sguardo in direzione di due tizi che mi fissavano altrettanto sconcertati,ma con un enorme sorriso che gli avvolgeva la faccia.Non fecero una piega,"hi" dissero,e si mossero a raccattare quelle che,a una seconda occhiata,parevano proprio essere delle tavole da surf.Erano belli,di quella bellezza che sono fatti tutti i bagnini alla bay-watch,abbronzati e dal fisico perfetto.Esplorai la stanza.Conteneva 2 letti a castello,per un totale di 4 posti letto.Tutto era invaso dagli attrezzi e prodotti dei due surfisti,i quali,mentre cercavo di individuare quale era il mio letto,continuavano a seguirmi con lo sguardo,e senza minimamente fare anche finta di voler scansare le loro cianfrusaglie onnipresenti,persistevano nel tenere quel loro sorriso stampato in faccia."Che avranno mai da ridere?" pensavo...Dopo non so quanti minuti di sonno agitato,venni svegliato da un tizio.Stringendo gli occhi fino a ridurle a due minuscole fessure, focalizzai meglio la persona e quello che stava cercando di dirmi. Capii che ,chissà come,stavo occupando la sua branda.Emettendo strani e oscuri grugniti,e impiegando 5 minuti per scendere,mi sistemai in quella di sotto.Dopo pochi minuti venni di nuovo svegliato.Stavo occupando il letto di un'altro ancora una volta.Cercai di far emergere, tra le nebbie del sonno e dell'incazzatura che già stava montando,una parvenza di lucidità che mi avrebbe permesso di fare un paio di calcoli.I letti sono 4,qui ci sono io,i 2 australiani,il tizio che mi ha già svegliato(e che ronfava sul materasso sopra di me)e ora ci sei anche tu? Ma così siamo in 5,uno è di troppo!!!
Cominciai a essere pervaso da una strana sensazione,quella sensazione che mi prende sempre quando ho capito di essermi ficcato in una situazione dove sto per fare delle mie figure di merda.
Il nuovo tizio filò via tutto incazzato,sbattendo la porta dietro di sè. Io tornai a cercare di dormire.
Dopo un po tornò tutto soddisfatto col ragazzo di venezia che mi aveva accolto alla reception.Bene,pensai,almeno adesso possiamo chiarire questa spiacevole situazione e mandare a cagare sto rompipalle. Ma a quanto pare,e come già sospettavo,l'intruso rompipalle ero io,infatti,nonostante credevo di avere la chiave della stanza numero 47,in realtà il tipo mi fece notare che il numero inciso sopra la mia chiave non era il 47,bensì il 46.Avevo una chiave con sopra scritto,a caratteri cubitali,le cifre 46,ma non so come, nella mia testa,ero sicuro di avere il 47.Bene.
Senza neanche alzarmi,e continuando imperterrito a parlare in italiano,intimai al tizio proprietario del letto di "levarsi dai coglioni",che ormai c'ero io e lui poteva pure trovarsi un'altra stanza,per quel che mi riguardava.
Lui mi fissò un attimo a bocca aperta,poi fissò anche il veneziano,richiuse la bocca,assunse un'espressione imbronciata,e come ad aver capito la situazione,afferrò le sue poche cose,e uscì rigido e sconfitto dalla stanza,liberandomi per sempre dalla sua presenza.
Bene.Ci sarebbe molto altro da dire,per cui se l'inizio della storia ha stuzzicato la vostra fantasia,ditelo,fatelo sapere,se so che qualcuno legge,mi è molto piu facile continuare,anche perchè io queste storie le so gia tutte,avendole vissute in prima persona.ok?
BENE ciaoooooooo
Nessun commento:
Posta un commento